Allevierà i graffietti e le punture d’insetto nelle vostre avventure selvatiche, sorprendendovi con il suo sapore di fungo: è la piantaggine lanceolata. Impariamo a riconoscere e a cucinare la piantaggine con una ricetta che scalda il cuore.

Nomi della piantaggine lanceolata

Le specie più comuni e di maggiore interesse di piantaggine in Italia sono tre, utilizzate ugualmente: Plantago lanceolata, Plantago media, Plantago major, rispettivamente, piantaggine lanceolata (anche detta minore), piantaggine media e piantaggine maggiore. In questo articolo, per praticità, descriveremo la piantaggine lanceolata, ma tutti gli utilizzi e le indicazioni possono essere estese anche alle altre due specie. Il nome generico, Plantago, sembra provenire dal latino plánta, cioè pianta del piede, simile alla pianta del piede, riferendosi, probabilmente, alle dimensioni e alla forma delle foglie della pianta. Il nome specifico, lanceolata, invece, potrebbe provenire dal latino lanceola, diminutivo di láncea, lancia, quindi a forma di piccola lancia, lanceolato, che di solito è utilizzato per descrivere le foglie delle piante con tale forma. Per alcuni, invece, potrebbe derivare dal latino planta e agere, cioè pianta che fa crescere altre erbe. Il nome delle specie media e major definiscono rispettivamente la specie media e maggiore di tali piante.

Nomi dialettali in Italia della piantaggine

  • Emilia-Romagna: erba di p’ chee, lanzola, leingua ad can, leingua d’oca, lengua ed can, linzola, orecia d’asan, piantazna
  • Lombardia: cortellana, erba cortella, lengua de cà, lengua de can, 
  • Veneto: piantagine femina, piantazemo, piantazeno
  • Sardegna: erba crabuna, lingua de cani, nerviada, niriada
  • Sicilia:  centunervi strittu
  • Piemonte: aurigi d’aso, cugiè, cutela, fojola, lengua de can, lingua d’can, piantajo, piantia
  • Friuli: plantagn di save, plantagn lungh
  • Liguria: erba de sinque nuei, erba di quattro coste, erba nervina, lansairoera, lengua de can, luegna, sinquenui, ueggia de gattu
  • Calabria: cincunervi
  • Abruzzo: cendenierve, cinghenierve
  • Toscana: agnoglosso, arnoglossa, arnoglosso, capo di serpe, cinquenerbi, cinquenervi, lanciuola, lingua canina, lingua di botta, mestolaccio, orecchio d’asino, piantaggina lunga, piantaggine, piantaggine femmina
  • piantaggine erba spontanea

    Plantago lanceolata, erba spontanea che sa di fungo

Per non incorrere in errore fate riferimento sempre al nome scientifico, più specifico ed internazionale di quelli popolari. Ricordiamo che le piante hanno sempre un nome e un cognome (genere, in questo caso Plantago, e specie, in questo caso lanceolata).

Se conoscete altre denominazioni della piantaggine lanceolata, potete segnalare lasciando un commento in fondo all’articolo.

Piantaggine in antichità

La piantaggine lanceolata risulta essere presente sin da quando le foreste cominciarono ad essere abbattute dai contadini dell’età della pietra: circa 5.000 anni fa. Da analisi compiute sul polline trovato in sedimenti lacustri e torbiere è stato riscontrato come la pianta fiorisse in maniera abbondante sin da quell’epoca. Nell’antichità, tutte e tre le specie erano considerate preziose sia per uso interno sia per uso esterno, infatti già da lungo tempo, si utilizza il succo delle foglie della piantaggine come collirio per gli occhi affaticati, voi non fatelo, non è una raccomandazione medica, il nostro è solo un cenno storico. Teofrasto, nel terzo secolo avanti Cristo, cita la piantaggine lanceolata tra le verdure selvatiche che spuntano in primavera. Oltre a descrivere le numerose applicazioni medicinali delle foglie e delle radici delle diverse specie. Dioscoride ne menziona il consumo come verdura cotta, con le lenticchie. Il particolare nome inglese della piantaggine, white man’s foot, letteralmente  piede dell’uomo bianco, allude ai semi della pianta, che sono stati diffusi ovunque in epoca coloniale, trasportati dagli europei sotto le scarpe e nei risvolti dei pantaloni.

Come riconoscere la piantaggine

Quando non è in fiore, riconoscerete la piantaggine lanceolata per le sue foglie percorse da cinque nervature ben marcate (è molto chiaro nella foto in basso), più evidenti sulla pagina inferiore, che noterete girando la foglia. Quando è in fiore, invece, noterete sicuramente le sue infiorescenze a spiga cilindrica che sbucano dai campi. Per le prime volte, vi consigliamo di cercare il nome scientifico della pianta, cioè quello in latino. Per le prime volte potete iniziare a vedere anche in rete com’è fatta, ricordando sempre di fare foto e prendere appunti in campo, quando si incontrerà la pianta, ponetela sempre all’attenzione di un botanico esperto, che vi aiuterà nell’identificarla dandovi più sicurezza per le prime volte. Poi pian piano, prenderete sempre più confidenza e imparerete a riconoscere la piantaggine senza alcun dubbio.

nervature di piantaggine lanceolata

nervature di piantaggine lanceolata

Caratteristiche della piantaggine lanceolata

La piantaggine è una pianta perenne con radice forte e molte fibre radicali. Sopra la radice nascono subito le foglie dritte e orizzontali, lanceolate. Il tempo di fioritura va dalla primavera ad ottobre.

Tutte e tre le specie menzionate sopra sono presenti in tutte le regioni d’Italia, preferendo suoli diversi. La major e la media, tendenzialmente, preferiscono suoli sgomberi e calpestati, senza altre piante intorno, mentre la lanceolata la si ritrova più spesso, proprio perché colonizza diversi tipi di suolo, quelli sgomberi e calpestati, ma anche dove già si sono insediate altre piante, perciò preferiamo descrivere questa specie più comune. Specie ubiquitaria e rustica, sinantropica, cresce a stretto contatto con l’uomo, si adatta a quasi tutti i climi e suoli, la troviamo in prati, pascoli, incolti, macerie, nei bordi stradali e negli orti fino a 2000 metri circa. È una pianta erbacea, perenne, estremamente polimorfa, cioè molto variabile come aspetto, con breve e grosso rizoma fibroso, cioè un fusto orizzontale modificato, simile ad una radice, con radici fascicolate, alta dai 20 ai 50 cm. Le foglie della rosetta basale, sono lunghe, diritte, lanceolate, a margine intero o dentato, munite di un breve picciolo, solitamente glabre e lisce, ma a volte molto pelose, percorse da cinque nervature principali parallele, ben marcate. All’altezza delle foglie basali spuntano scapi fiorali, coperti di peli irti, afilli, cioè senza foglie, che terminano con una spiga conica o ovale, formata da numerosissimi fiori strettamente appressati l’uno all’altro. La peculiarità più evidente nell’infiorescenza sono gli stami, gli organi riproduttori maschili che portano il polline, lunghi e vibranti, che formano una coroncina che si sposta progressivamente verso l’apice dell’infiorescenza con il progredire della fioritura. L’impollinazione è anemogama, cioè avviene tramite il vento e gli stami sono lunghi e vibranti proprio per favorire questo tipo di impollinazione.

piantaggine, descrizione delle parti della pianta

piantaggine, descrizione delle parti della pianta. Foto: Johann Georg Sturm, (1796) descrizione parti wikipedia

Proprietà della piantaggine lanceolata

La piantaggine lanceolata è ricca di mucillagini, soprattutto i semi, molto ricercati dagli uccelli, che contengono sino al 30% di mucillagine che gonfiandosi nell’intestino, agisce da lassativo ed emolliente decongestionando le mucose irritate. È ricca di tannini con proprietà astringenti ed emostatiche, sia internamente per l’intestino, senza abusarne, che esternamente per le piccole ferite, punture e tagli. Ha una buona quantità di glicoside aucubina che stimola la secrezione di acido urico, vitamine A, C, K, acido silicico, flavonoidi e pectine e tutta la pianta è antibatterica ed espettorante, ottima per le affezioni delle vie respiratorie e per il trattamento dei sintomi da allergia. 

Se ne fanno infusi, succhi, decotti ma occhio a non ingerirne troppa perché può provocare stitichezza per via della fibra e dei tannini. Se scottate e frullate bene la pianta, questa non dovrebbe dare problemi. È indicata nelle affezioni del cavo orale e della gola, nei disturbi gastrici, in caso di congiuntivite e ulcere, ferite e bruciature, infatti è largamente coltivata e utilizzata dall’industria farmaceutica per preparare sciroppi contro la tosse. Per uso esterno, l’infusione, ma anche le foglie fresche debitamente triturate, possono essere impiegate per le piaghe che cicatrizzano con difficoltà, mentre il succo fresco può essere impiegato nella preparazione di caramelle efficaci in caso di tosse, e come pronto intervento se applicato sulle punture di insetti. Gli estratti acquosi hanno proprietà idratanti della cute e potrete impiegarla per le vostre pratiche di cura selvatica del viso, preparando maschere e creme per reidratare le pelli secche e disidratate.

Le sue proprietà sono note dall’età preromana e furono ben accertate dal medico Auguste François Chomel, che ne fece grande uso e dai medici posteriori. Egli dichiara che il suo decotto astringente e di uso familiare ai suoi tempi (sec. XVIII). E che le foglie si applicano fresche sulle ferite e sulle contusioni.

Cosa indica per il suolo

La piantaggine appartiene a un gruppo di erbe che segue i passi umani e la coltivazione, espandendosi spesso con il letame e col compost dovunque cammini l’uomo. A questo gruppo appartiene la piantaggine, come il centocchio, il ranuncolo, il dente di leone, l’ortica, l’amaranto, le malve e altre piante simili.

Come si coltiva

La piantaggine è facile da coltivare, è facilmente adattabile a diverse tipologie di suolo, vegetando senza problemi in suoli poveri, asciutti, sabbiosi, adattandosi anche a quelli umidi e a quelli soggetti a calpestio continuo. Si può propagare sia tramite i semi, molto fertili, che per divisione dei rizomi, che prevede il taglio e l’interramento di piccole parti del rizoma nel suolo. Siccome i semi della piantaggine lanceolata sono molto fertili, ed essendo una pianta rustica, resistente al gelo, al calpestio e alla siccità, adattandosi a qualsiasi tipo di terreno essendo poco esigente, è molto facile da coltivare, vi basterà seminare, ad aprile o a maggio, in superficie o interrare leggermente i semi a circa 20 cm di distanza tra loro, per ottenere in poco tempo un buon raccolto da giugno fino all’autunno. Preferite suoli sciolti per coltivare questa pianta e irrigate di frequente solamente nel caldo periodo estivo.

Vellutata Smeraldo

Vellutata Smeraldo. Ricetta con piantaggine. Foto e ricetta di Emanuele Cavaiolo

Piantaggine in cucina

Consiglio di raccogliere le foglie tenere, non ancora coriacee e non molto amare, sono quelle che ricordano di più il fungo fresco, a volte anche il fungo porcino, il sapore dipende dal suolo dove la raccogliete. Spesso in cucina vengono utilizzate anche le infiorescenze ancora immature della piantaggine maggiore, che ricordano molto il fungo fresco. Le piantaggini sono ottime nella preparazione di zuppe, minestre di verdure, vellutate, in insalate crude, solo le foglie piccole, giovani e tenere, oppure ripassate in padella, cotte come gli spinaci, date spazio alla vostra fantasia e soprattutto sperimentate. Se volete essiccarla, raccogliete le foglie facendole essiccare rapidamente, in strato sottile affinché non si appiccichino tra loro e non anneriscano, in un luogo ombroso e ventilato, o in essiccatore, conservando al riparo dalla luce e dall’umidità, in modo tale che la clorofilla, di cui la pianta è ricchissima, non si ossidi, ricordando però che da secca perde gran parte delle sue proprietà. Potete utilizzarla per un’ottima tisana espettorante.

Paradossalmente non amo molto le erbe amare e siccome questa ha un sapore molto amaro, per farla mangiare ai bambini e a chi come me non gradisce i sapori spiccatamente amari, consiglio di addolcirla insieme a delle mandorle, intere o sotto forma di latte di mandorle, magari in un bel pesto, con latti vegetali di avena o meglio ancora di cocco o con la patata, unendola alla piantaggine in una vellutata dal colore verde brillante.

Ricetta della Vellutata Smeraldo alla piantaggine lanceolata

Ingredienti

  • Un pugno di foglie piantaggine lanceolata
  • Acqua
  • Acqua con ghiaccio
  • Sale
  • Da 2 a 4 patate medie

Procedimento

  1. Portare l’acqua a bollore in un pentolino, appena bolle inserite le foglie precedentemente sminuzzate grossolanamente
  2. Togliete le foglie dall’acqua non appena iniziano ad essere tenere
  3. A parte, in un piatto, mettete un po’ di acqua e ghiaccio nella quale immergerete le foglie per farle rimanere di un bel verde brillante
  4. Nella stessa acqua dove avete bollito le foglie, dopo aver salato l’acqua, bollite 4 patate medie tagliate a tocchetti, senza togliere la buccia
  5. Quando saranno cotte, schiacciatele con uno schiacciapatate o schiacciatele con una forchetta rimuovendo la buccia
  6. Frullate prima le foglie di piantaggine in un frullatore potente, con un po’ d’acqua, iniziando ad aggiungere, a gusto, la purea di patate
  7. Aggiustate di sale e di acqua se risulta troppo viscosa e riscaldate di nuovo in pentola la vellutata se nel frattempo si è raffreddata

La Vellutata Smeraldo riscalderà le vostre giornate fredde e uggiose, magari di ritorno dopo una bella raccolta selvatica. Ho accompagnato il piatto con le mie bruschette di foglie di borragine (borschette) che potete trovare nel mio corso online. (Ndr. Per info pagina instagram Capra Selvatica).

Gustate la vellutata di piantaggine con i vostri cari, magari davanti ad un accogliente caminetto scoppiettante.

Emanuele Cavaiolo (La Capra Selvatica)

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