La coltivazione delle verdure ad uso alimentare per le famiglie contadine era costituita essenzialmente da fagioli, ceci, patate, pomodori, agli e cipolle. Tutte colture che si seminano o trapiantano in primavera per essere raccolte entro l’estate. La coltivazione avveniva in campo aperto dove non avevamo la possibilità di irrigare. Solo agli e cipolle, che necessitano di poca estensione di terreno, potevano essere coltivate nell’orto, che i contadini tenevano vicino al pozzo e, pertanto, potevano essere innaffiati. Queste verdure erano coltivate in quantità considerevoli rappresentando, insieme al pane, la parte principale del cibo per sfamare le famiglie.

Le verdure più usate in cucina

Patate e fagioli erano cucinate in svariati modi e, secondo l’abilità delle massaie si avevano piatti più o meno gustosi. Agli e cipolle servivano per lo più in cucina per insaporire i cibi, ma, le cipolle in particolare potevano essere cotte sul camino sotto la brace e condite come insalata oppure mangiate crude con pane, magari inzuppato nel vino annacquato. I pomodori si mangiavano freschi per un periodo molto lungo che andava da luglio ad ottobre. Inoltre quelli della qualità detta “da attaccare”, in quanto potevano essere sistemati in mazzi o corone ed appesi in luoghi arieggiati, si conservavano al naturale fino alla primavera successiva.

pomodori invernali

pomodori invernali raccolti al Bosco di Ogigia

Antiche tecniche di conservazione dei pomodori

I pomodori  venivano anche conservati per l’utilizzo in tutto l’anno. I sistemi di conservazione erano essenzialmente tre:

  1. Il primo prevedeva di macinare i pomodori con un’apposita macchinetta che separava anche le bucce. La pasta semiliquida che si otteneva veniva colata per togliere anche i residui semi. Si versava la crema su un panno sopra un recipiente che veniva lasciato al sole. Molta acqua scolava attraverso il panno. Inoltre il sole, fortissimo il quel periodo estivo, asciugava ancor più la pasta facendola diventare quasi solida. Alla conserva, che aveva assunto un colore marrone, si aggiungeva del sale per favorirne la conservazione e, poi, veniva riposta in vasi di vetro. Durante l’anno, con l’aggiunta di  aromi e carne macinata, serviva per fare il ragù.
  2. Il secondo metodo conservativo consisteva nel tagliare i pomodori in spicchi e depositarli nell’apposita damigiana dove si aggiungeva una bustina di polvere che era acquistata in farmacia. Si trattava di un conservante che impediva la fermentazione. Conservati in questo modo i pomodori servivano per fare delle salse.
  3. La terza tecnica di conservazione stava nel tagliare i pomodori a spicchi, salarli e lasciarli seccare al sole, per essere, poi, reidratati e consumati.

Ricette con la salsa di pomodoro

La salsa veniva usata frequentemente per fare la famosa pappa col pomodoro. Si faceva cuocere del pane indurito dentro una pentola. Separatamente si bolliva anche la salsa aggiungendovi aromi ed olio. Si versava il tutto dentro la pentola con il pane e si lasciava bollire ancora fino ad una completa amalgama. Altra ricetta per la salsa era quella di farla bollire insieme alla salsiccia fresca del maiale. Ricordo quelle lunghe e piacevoli colazioni d’inverno quando gli uomini rientravano dalla stalla e tutta la famiglia si riuniva al caldo intorno al focolare: ciascuno con in mano forchetta e coltello tagliava dei pezzetti dalla grossa fetta di pane e li intingeva nella salsa in bollore. Infine la salsiccia rimasta all’asciutto era anch’essa mangiata un pezzetto per ognuno.

I contadini avevano poco tempo per fare l’orto

Oltre a queste verdure se ne coltivavano altre a consumo immediato quali sedani, peperoni, lattughe, zucchine, cetrioli  ed anche carciofi. Tuttavia non sempre e non tutte le famiglie dei contadini erano in grado coltivare molte varietà di ortaggi in quanto il lavoro di campi, in particolare a primavera, assorbiva tutto il tempo e le energie.

cesti con frutta e sementi

Cocomeri e poponi si coltivavano con il mais

Nell’orto venivano coltivati anche i frutti estivi della famiglia delle cucurbitacee, ovvero cocomeri e meloni, chiamati da tutti poponi. Ogni anno si riservava un piccolo appezzamento di terreno a queste coltivazioni, ricavato solitamente in un campo coltivato a granturco. La scelta di posizionare “l’orto” (così era chiamato) tra il granturco era dovuta al fatto che queste colture si seminavano e raccoglievano nello stesso periodo, ed anche perché il granturco, con lo stelo molto alto, nascondeva la presenza della frutta. Cosa ritenuta utile in quanto c’era il vizio, da parte di alcuni ragazzi, di andare a mangiarsi poponi e cocomeri negli orti dei contadini.

Cocomeri e poponi, 1886 – olio su tela. Longoni

La semina in questo orto si effettuava nel mese di aprile. I miei nonni ripetevano sempre che il giorno giusto per seminare l’orto era cento dell’anno. Cioè il 10 aprile, appunto centesimo giorno dell’anno, a meno che non fosse stato quello bisestile. In questo rettangolo di terreno si scavavano delle buche profonde, distanti tra loro circa un metro, poi si richiudevano aggiungendo del concio di stalla (letame). Si formavano dei piccoli cumuli dove si interravano i semi di cocomeri e poponi.

Vasco Della Giovampaola

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