Il bestiame che allevavamo era della razza che porta il nome della nostra terra, la razza chianina, da Valdichiana. Questa razza, chiamata anche “il gigante bianco” per il suo colore e le eccezionali dimensioni, il toro può raggiungere i 20 quintali di peso, è oggi conosciuta e allevata in diverse parti del mondo.
Toro di razza chianina. Archivio Ciuffi
Le nostre vacche erano selezionate, erano cioè iscritte ad uno speciale albo. Ricordo che al podere Sant’Angelo inizialmente di vacche iscritte ne avevamo soltanto una. Poi, a seguito di rigide selezioni, arrivammo ad ottenere l’iscrizione all’albo di tutta la stalla. Ogni vacca selezionata aveva un nome, che stava scritto su una tavoletta appesa al muro sopra la sua testa; quei nomi li ricordo ancora. Inoltre su un orecchio dell’animale veniva tatuato il numero con il quale era stato registrato all’albo. Per questa operazione veniva alla stalla una persona specializzata che con un pennello spalmava dell’inchiostro semiliquido all’interno dell’orecchio, poi, con delle grosse tenaglie, in cui erano applicati i numeri formati da tanti piccoli spilli, incideva l’orecchio. La serie di spilli foravano l’orecchio portando l’inchiostro sotto la pelle. Dopo alcuni giorni l’inchiostro secco veniva rimosso e all’interno dell’orecchio si leggeva chiaramente il numero inciso.
Foro Boario di Montepulciano Stazione. Archivio Ciuffi
Allevare bovini selezionati comportava oneri non indifferenti. Tra gli altri avevamo l’obbligo di portare i vitelli a pesare ogni mese. La speciale bascula da pesa per bovini si trovava presso un podere appartenente alla stessa tenuta di quello che occupavamo noi. Era distante su strada normale circa 10 km, noi però andavamo per sentieri e stradicciole attraverso il bosco, accorciando il percorso di almeno la metà. I vitelli da accompagnare, maschi e femmine, erano diversi, pertanto impegnavano tutti gli uomini della famiglia. Il giorno della pesa era sempre lo stesso, precisamente il giorno 20 del mese. Anche a me, ancora ragazzo, toccava accompagnare un vitello. Mi veniva assegnato uno dei più giovani che comportava certamente meno difficoltà. Ricordo che questo vitello era legato con una cavezza. La cavezza era uno speciale sistema di legatura, costituito da una funicella che passava intorno al collo e al muso dell’animale; il capo di questa era tenuto in mano dal conduttore. Ricordo gli insegnamenti che mio fratello mi dava ai primi viaggi: “Stai attento a non far andare avanti il vitello, cammina sempre all’altezza della sua testa altrimenti non riesci più a reggerlo”. Si portava in mano un piccolo legnetto per dare dei colpetti sul muso dell’animale, se questi prendeva troppo slancio.
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Fiera di Montepulciano Stazione. Archivio Ciuffi
Gli animali iscritti all’albo erano curati anche nell’estetica. Ricordo che mio fratello provvedeva a sistemare le corna dei vitelli servendosi di un ferro lungo circa un metro con in cima una specie di cappuccio, spesso almeno un centimetro. Metteva questo ferro sul fuoco fino a che il cappuccio non fosse divenuto rosso, lo depositava poi sulla punta del corno dove lo teneva per qualche minuto. Faceva poi arroventare di nuovo il ferro e ripeteva l’operazione sull’altro corno. Veniva fuori un fumo scuro ed un forte odore acre che si spandeva anche al piano superiore della casa. L’animale non avvertiva alcun dolore in quanto la bruciatura avveniva nella parte non vitale del corno. Poi con degli attrezzi, tenaglie, lima e raspa, mio fratello toglieva la parte bruciata e modellava il corno. Alla fine dell’operazione le corna del vitello risultavano più corte e ben appuntite.
Ogni anno, alternativamente, nelle province di Siena ed Arezzo si svolgeva la mostra interprovinciale dei bovini di razza chianina. Per la provincia di Siena la mostra aveva luogo a Montepulciano Stazione. In quelle occasioni la nostra azienda partecipava alla mostra in modo massiccio con diverse bestie, sia maschi che femmine, delle varie età. Pertanto, più o meno tutti i contadini, erano impegnati nella buona riuscita dell’esposizione. La mostra aveva la durata di tre giorni e terminava alla domenica. L’azienda affittava un ampio capannone dove venivano sistemate tutte le bestie. Durante il giorno i contadini erano tutti presenti per accudire ognuno ai propri capi. Ricordo che gli animali venivano curati nei minimi particolari. Oltre ad essere ben pulite le bestie venivano anche truccate: venivano, cioè, incipriate per renderle ancora più bianche di quello che erano già in natura. Le bestie in mostra erano sistemate sotto le apposite tettoie in cemento ai lati del foro boario. Al termine di ogni sessione i capi venivano riaccompagnati nella comune grande stalla e venivano nutriti con buon fieno e farine in abbondanza: era la loro festa. Durante la notte si alternavano gruppi ristretti di contadini per la sorveglianza. L’ultimo giorno, domenica pomeriggio, si effettuava la cerimonia della premiazione.
La selezione dei bovini era utile per mantenere alta la qualità della razza, inoltre, per gli allevatori, c’era la possibilità di vendere qualche capo per vita, destinato cioè alla riproduzione, che avrebbe permesso di ottenere un maggior guadagno. In verità questo succedeva raramente. Pertanto anche questi capi da esposizione finivano per essere macellati come gli altri.
Serie allevamento dei bovini:
- La cura della razza chianina in Valdichiana (questo articolo)
- I lavori nella stalla
- Il foraggio per i bovini
- La doma dei bovini per arare i campi
- La nascita del vitellino
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