Il segato (il foraggio triturato) che veniva dato da mangiare ai bovini era fatto con vari ingredienti, che cambiavano in base alle stagioni. In inverno era costituito prevalentemente da fieno, triturato insieme alla paglia o mischiato con la lolla. Le bestie lo avrebbero preferito scusso (da solo), ma siccome il fieno doveva durare fino a primavera inoltrata (l’erba nuova si cominciava a tagliare non prima del mese aprile) veniva somministrato con parsimonia. Del resto il detto “quando il corpo è pieno non conta se di paglia o di fieno” conferma pienamente la giustezza della dieta che veniva imposta agli animali.
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Allevamento in Toscana negli anni ’40 e ’50
Il deposito del fieno e della paglia erano i pagliai che stavano sull’aia. Per tagliare fieno e paglia serviva la tagliera. Questo arnese era formato da una lamina a forma triangolare, appuntita, con il taglio da un lato che doveva essere sempre molto affilato. Il manico, in legno, aveva la forma grosso modo di un boomerang e veniva facilmente impugnato a due mani. Con la tagliera si apriva un scaffale sui pagliai, sia di paglia che di fieno. Il materiali si caricavano sopra una barella per trasportarli dentro la stalla. Finito uno scaffale se ne apriva un secondo, in questo modo si girava intorno al pagliaio, finito il giro se ne iniziava uno nuovo, andavamo avanti così fino a che del pagliaio non restava che lo stollo.

Tagliera usata per tagliare i pagliai
Cosa mangiavano i bovini
In primavera si cominciava a far mangiare ai bovini la nuova erba, inizialmente mischiata con la paglia, in seguito, quando era ben granita da sola. L’erba fresca, nel periodo primavera estate, veniva tagliata ogni giorno e portata all’erbaio con il carro trainato dalle bestie stesse. In questa stagione si modificava anche il sistema di abbeveraggio in quanto i bovini adulti, vacche e giovenche, venivano condotte direttamente al pozzo dove si dissetavano alla pila (speciale vasca in cemento). Per riempire la pila avevamo una pompa formata da un tubo che partiva dalla bocca del pozzo ed arrivava a circa 2 metri sotto il livello dell’acqua. Dentro questo tubo scorreva una catena munita di una serie di tappi conici in gomma alla distanza di circa un metro l’uno dall’altro. Con questo sistema circolare l’acqua veniva velocemente aspirata dal pozzo in buona quantità. In discesa la catena scorreva esternamente al tubo. Tutto il meccanismo era azionato manualmente per mezzo di una ruota fornita di manico, simile a quella del trinciaforaggi, però molto più piccola. La ruota era posizionata su una parete esterna del pozzo ad altezza d’uomo. Con questo metodo riuscivamo ad attingere acqua per ogni uso senza troppa fatica.

In Valdichiana veniva allevata la razza chianina
Ricordi dal vecchio podere
Al vecchio podere le cose erano più complicate. Il pozzo era molto più distante da casa, inoltre l’acqua stava ad una profondità di oltre 20 metri e non esisteva nessuna pompa, l’acqua si attingeva con un secchio che si calava nel pozzo con una lunga catena. Esisteva una troscia (pozzanghera), abbastanza vicina alla stalla, che si riempiva nei periodi piovosi. Là attingevamo l’acqua oppure portavamo le bestie a bere. Nei periodi asciutti l’acqua diminuiva rapidamente e siccome vi sguazzavano anche nane e ochi assumeva un colore verdastro e in breve si asciugava completamente. C’era un’altra fonte, molto più lontana da casa, che era alimentata anche da una sottile vena nella quale abbondavano rane e salamandre. Su questa seconda vasca abbeveravamo il bestiame fino alla piena estate quando anche lì l’acqua iniziava a scarseggiare, ma non si asciugava mai completamente. Nei mesi più asciutti, sostanzialmente luglio e agosto, dovevamo forzatamente abbeverare con l’acqua del pozzo. Come contenitore per l’acqua accanto al pozzo avevamo nientemeno che una bomba, anzi mezza bomba, eredità della guerra appena terminata. Si trattava di una bomba d’aereo divisa a metà in senso verticale. Era sistemata a terra orizzontalmente sopra dei sassi, pesantissima, il ferro aveva uno spessore di almeno 2 centimetri. Si vedeva chiaramente che era stata una bomba con la sua punta sul davanti e le alette dietro. Doveva contenere orientativamente tra i 60 e gli 80 litri d’acqua.

Bomba della seconda guerra mondiale
Il foraggio per i bovini

Dove c’era acqua le salamandre erano molto comuni
Nei mesi più aridi dell’anno, particolarmente nelle annate più asciutte, scarseggiava gravemente anche il foraggio. Si ricorreva ad ogni ingegno per governare le bestie senza ricorrere al fieno che era fatto per l’inverno. Si pelavano anche le piante per usare le foglie come foraggio. Lasciavamo poche foglie in cima ad ogni frasca per consentire alla pianta di svolgere le sue funzioni vitali. Gli olmi fornivano le foglie più pregiate, ma si raccoglievano anche quelle dei gelsi, pianta che era maggiormente presente nei poderi. In quel periodo dell’anno si riusciva ad avere anche del granturchino, cosi chiamavamo le piantine di mais che veniva seminato nelle stoppie dopo che era stato raccolto il grano. Questo foraggio, dopo trinciato si mischiava con la lolla, disponibile perché in quel periodo era già stata effettuata la trebbiatura. Continua…
Serie allevamento dei bovini:
- La cura della razza chianina in Valdichiana
- I lavori nella stalla
- Il foraggio per i bovini (questo articolo)
- La doma dei bovini per arare i campi
- La nascita del vitellino
Storia dell’agricoltura. Coltivare e allevare nel passato
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