Torniamo in cantina dove, ormai, trascorsi 8-10 giorni dalla vendemmia, é giunto il momento di svinare. Per togliere il liquido dai vasi si usava un tubo in gomma che doveva essere preventivamente riempito di vino e calato da un lato dentro la botte o il tino fino al fondo e dall’altro appoggiato all’interno del contenitore posto sul pavimento della cantina. Per effetto della pressione atmosferica il vino si trasferiva quasi tutto da un contenitore all’altro. Quando il vino cessava di fluire dal tubo si allentava con cautela lo sportello, se si trattava di una botte, in modo che il vino rimasto intrappolato tra la vinaccia uscisse fuori andando a finire dentro l’ampia bigonza piazzata sotto. Per i tini era sufficiente togliere il tappo di sughero dal foro di circa 5-6- centimetri che stava appena al di sopra del fondo per fare uscire l’ultimo liquido.
La torchiatura dell’uva
Frattanto si provvedeva a piazzare lo strettoio, o torchio, all’esterno in quanto dentro la cantina non avevamo sufficiente spazio. Il torchio consiste in un blocco in pesante ghisa, con tre gambe, a forma circolare, una specie di piatto, con bordo munito di beccuccio per l’uscita del vino sormontato da una grossa vite sulla quale sale e scende il meccanismo di pressione. Per contenere la vinaccia si monta una gabbia cilindrica formata da due parti unite tramite dei ferretti a gancio. La gabbia è formata da spessi listelli in legno, fissati su semicerchi metallici, distanti tra loro meno di un centimetro.
torchio storico degli anni ’50. Museo attrezzi antichi famiglia Gallinella (Palazzone)
La vinaccia, tolta dai vasi, viene depositata dentro lo strettoio. Durante il riempimento viene schiacciata con il solito pestone in modo da far uscire già parte del vino di cui è impregnata che attraverso gli spazi tra i listelli scende dentro il piatto e dal beccuccio va a finire nel contenitore sotto lo strettoio.
Colmato lo strettoio con la vinaccia, come abbiamo visto già parzialmente spremuta, vi si applica sopra gli accessori in legno necessari per la spremitura. Per primi vanno i due semicerchi i quali entrano con precisione dentro la gabbia, sopra questi si mettono una serie di coppie di travetti posti trasversalmente gli uni agli altri in modo da formare una torretta. Per far girare il meccanismo sulla vite ci serviamo dell’apposita leva di ferro, lunga circa un metro e mezzo di forma rotonda, ma con da una parte un tratto quadrato che, come una chiave, si inserisce sul blocco. Spingendo la leva e girando in senso orario intorno allo strettoio si attiva la pressione sulla vinaccia ed il vino scende copioso. Inizialmente il meccanismo funziona senza molta fatica, poi però il lavoro diviene sempre più duro tanto che, per spingere, occorre la forza di due persone, fino a che la leva si blocca completamente. A questo punto ci dobbiamo fermare per lasciar scolare il vino dalla vinaccia. Dopo pochi minuti possiamo riprendere a spingere per dare ancora qualche giro di vite. Presto però il meccanismo si bloccherà ancora e dobbiamo fare un’altra pausa e riprendere di nuovo per dare un altro giro di vite. Continuiamo in questo con pause sempre più lunghe e giri più brevi finché l’uscita del vino diviene così scarsa che è inutile continuare. Cambiando il verso dei cunei metallici sopra la corona si ottiene l’inversione della rotazione del blocco sulla vite in modo da farlo risalire fino alla cima. Si tolgono poi tutti gli accessori in legno e si smontano anche le due semigabbie. Rimane sopra lo strettoio, intorno alla vite, il blocco cilindrico di vinaccia, quasi asciutta, che si è ridotto in altezza di oltre la metà dall’inizio della spremitura.
Vinaccia (foto da docuseconomy.it)
La vinaccia sfaldata con le mani, posta nei soliti bigonci viene poi rimessa nel tino dove era stata a fermentare. Si procede così togliendo vino e vinaccia da tutti i contenitori passando quest’ultima per lo strettoio, rimettendo il vino pulito dentro le botti e la vinaccia ben spremuta nel grosso tino dove si aggiungerà acqua fino a ricoprirla. Per la svinatura occorreva circa una giornata e mezzo di lavoro.
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L’utilizzo della vinaccia per fare l’acquato
La vinaccia con acqua dentro il tino produrrà ancora una lieve fermentazione e dopo una giacenza ancora di circa 10 giorni, su questo non sono troppo sicuro ma penso di non sbagliarmi di molto, potremo tirar fuori il liquido che avrà assunto lo stesso colore del vino ma molto meno intenso: questo è il primo acquato. Mettendo di nuovo acqua nel tino otteniamo il secondo acquato di un colore più pallido e trasparente. L’acquato, come il vino viene conservato in botti e damigiane per consumarlo entro la primavera. Per la vinaccia del tino, dopo due passaggi di acqua, non è ancora giunto il momento di essere gettata. Rimettiamo di nuovo acqua e, trascorso il necessario tempo, si torna ad attingere la bevanda dal tino. In questa fase si poteva non togliere tutto l’acquato ma attingere al momento del consumo ed aggiungere acqua man mano che il livello viene a scemarsi.
Bigoncio per il vino. La barella portava il bigoncio pieno d’uva dal filare al carro. Museo attrezzi antichi famiglia Gallinella (Palazzone)
Mia nonna in qualità di massaia aveva il compito, tra l’altro, di mettere in tavola il da bere. Attingeva l’acquato direttamente dal tino riempiendo per circa tre quarti i bei grossi boccali di coccio colorato. Il liquido che veniva fuori aveva un colore rosa molto pallido che tendeva a sbiadire sempre più. Aggiungeva poi dentro i boccali piccole quantità di vino in modo che la bevanda assumesse un del colore rosso abbastanza intenso e gradevole anche alla vista. Devo dire che questa miscela a me piaceva ed era gradita da tutta la famiglia perché aveva un particolare sapore frizzantino. La bevanda si consumava per oltre un mese; poi cessando l’alimentazione con nuova acqua si attingeva ad esaurimento. La vinaccia veniva finalmente tolta dalla tina e poteva essere beccata dai polli o mangiata dai maiali, ormai non faceva ubriacare più nessuno. D’ora in poi si beveva l’acquato di prima e seconda estrazione che conservava la sua freschezza e fragranza.
Continua…
Serie coltivazione della vite:
- La vendemmia di una volta
- Come si faceva il vino, gli attrezzi in cantina
- Coltivazione della vite. Potatura, legatura e rincolco
- Svinatura, torchiatura e produzione dell’acquato (questo articolo)
- Preparazione del vinsanto, aceto e grappa
- Coltivazione della vite, i trattamenti con ramato, zolfo e vangatura
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