Al lavoro di confezionamento della carne partecipava tutta la famiglia. Il buristo veniva confezionato il giorno prima della spezzatura del maiale in quanto il sangue doveva essere fresco ed inoltre non era indispensabile la presenza del norcino. Ma altri interventi preparatori venivano effettuati in quel giorno, ad esempio si preparano i cosiddetti budelli fini che rappresentavano l’intestino tenue del maiale. A questo lavoro provvedeva sempre mia nonna che aveva una particolare abilità.

Salsicce stagionate

Salsicce stagionate

La conciatura dei budellini consisteva nel togliere loro il grasso. Con un coltello non tagliente, sopra un piano di legno, mia nonna prendeva un capo dei budelli e raschiando con il coltello il grasso e lo spingeva in avanti. Procedendo in questo modo il grasso andava a riempire per tratti sempre più lunghi il budello rendendo più complicata l’operazione di conciatura. Tuttavia era necessario proseguire evitando il più possibile di rompere il budello, era proprio in questo che consisteva l’abilità del conciatore, oltre naturalmente a quella di ripulire totalmente il budello dal grasso. Quando il budello si rompeva, la parte non conciata si svuotava dal grasso e si procedeva con la conciatura ripartendo dal nuovo capo. La budellina del maiale è molto lunga pertanto per portare a termine il lavoro occorreva diverso tempo. Mia nonna alcuni anni si lamentava della difficoltà nel conciare i budelli in quanto si rompevano con troppa facilità. Ciò credo succedesse quando il maiale era giovane e pertanto tutti gli organi erano più teneri. Dopo conciati i budelli si mettevano in un recipiente con aceto ed erano pronti per esservi insaccata la salsiccia il giorno successivo. Il loro grasso era forse l‘unica cosa del maiale che si buttava, andava però a finire nella concimaia e contribuiva a formare il prezioso fertilizzante.

In anticipo si preparava anche il sale, si comprava a sacchi da 50 o 25 kg ed era sale grosso che doveva pertanto essere affinato. Per schiacciare il sale si usava il pianetto in marmo di un comodino che aveva la forma quasi quadrata con i lati di circa 40 cm. Si appoggiava il marmo capovolto sopra il tavolo, non si doveva rovinate il lato lucidato, si depositava sopra un mucchietto di sale e con una bottiglia di vetro strusciata sopra il sale più e più volte fino si raggiungeva la finezza desiderata. Questa funzione si effettuava anche durante l’anno per affinare il sale ad uso cucina, in quegli anni di sale raffinato non lo trovavamo in vendita. Per il maiale veniva schiacciato non troppo finemente per evitare che sopra i pezzi di carne si sciogliesse troppo rapidamente. Si doveva inoltre macinare il pepe, grattugiare la noce moscata, sbucciare l’aglio, si dovevano cioè preparare tutti quegli ingredienti che servivano per condire la carne.

La forma del prosciutto

La forma del prosciutto

Il giorno della spezzatura l’ammazzino per prima cosa sezionava il maiale in 14 pezzi, tutti gli organi interni erano stati tolti il giorno della macellazione. I pezzi venivano tagliati e rifilati ognuno nella sua particolare forma. Ai prosciutti, due spalle e due cosci, veniva tagliato lo zampino e l’estremità arrotondata in cima per assumere quella particolare forma che tutti conosciamo. I rigatini che si ricavano dalla pancia, sono infatti chiamati anche pancetta, erano tagliati in forma rettangolare e la loro consistenza è di grasso con buone venature magre. I lardi che si trovano sulla parte alta del maiale, la schiena, anch’essi tagliati in forma rettangolare, hanno un spessore maggiore dei rigatini e sono formati di solo grasso. Le guanciole, chiamate cosi perché sono ricavate dalla guancia dell’animale, hanno forma triangolare con angoli marcatamente arrotondati e sono formati prevalentemente di grasso con striature di magro. Infine gli ultimi quattro pezzi, lombi e capocolli che prendono anch’essi il nome della parte del corpo cui sono ricavati, hanno forma quasi cilindrica, sono privi di cotenna e costituiscono le parti più pregiate del maiale. I primi sono formati da carne magra ad eccezione di una sottile striscia di grasso da un lato, mentre i secondi hanno una conformazione diffusa grasso e magro dove il magro ha netta prevalenza.

Guanciale

Guanciale

Tutti questi pezzi, cui era tolto ogni velo che avrebbe impedito l’assorbimento, venivano lavati con a aceto, strofinati con aglio poi completamente coperti di sale dai lati privi di cotenna. Si procedeva poi alla lavorazione di tutta l’altra carne che era stata accantonata in mucchi separati. Quei pezzi destinati alla soppressata venivano messi a bollire: sarebbero stati pronti per la lavorazione alla fine della spezzatura e confezionamento. I ritagli della carne più pregiata, prevalentemente magra, servivano per fare le mortadelle. La carne veniva macinata con una macchina azionata a mano per mezzo di una manovella, successivamente intorno agli anni ’60 fecero la loro comparsa le tritacarni con motore elettrico. Dopo macinata la carne veniva energicamente impastata con le mani, un po’ come avveniva con la pasta per il pane. Si aggiungevano sale, varie spezie, del pepe nero in chicchi ed una buona dose di lardo in cubetti. Il tutto veniva di nuovo accuratamente lavorato in modo che gli ingredienti fossero ben mischiati. Questo impasto veniva insaccato dentro dei budelli di bovini che erano acquistati nelle macellerie. Si formavano quei grossi torchi che erano abilmente legati dall’ammazzino con dello spago, sia in senso orizzontale che verticale, in modo da formare un fitto reticolato. Le mortadelle, con un suino se ne realizzavano due, venivano forate con forchetta o spilli.  La stagionatura di questi salumi non era cosa semplice, dovevano essere conservati in ambienti sani e ben areati. In estate erano pronti da mangiare. Se il prodotto era venuto bene le fette di mortadella apparivano di un bel colore rosso con macchie bianche dovute alla presenza dei dadi di grasso, molto compatte e soprattutto assai buone.

Gli altri ritagli di carne leggermente più grassa serviva per fare le salsicce. La lavorazione era la stessa, variavano solo alcuni ingredienti: ad esempio sulla salsiccia non andava il pepe in chicchi e neanche i dadi di grasso. Venivano insaccate nei budellini come detto preparati da mia nonna. Ne veniva fuori un lungo serpentone che alla fine era legato con spago sottile formando così le salsicce che erano più o meno lunghe a seconda dei gusti della famiglia. Le salsicce potevano essere mangiate sia fresche, cotte alla brace, che in seguito asciugandosi, cotte in padella magari con del pomodoro; infine dopo qualche mese, divenendo compatte come salamini potevano essere mangiate crude, tagliate a fettine, sopra il pane. La salsiccia in qualunque modo e tempo venisse consumata rappresentava sempre una ghiottoneria. La carne totalmente grassa veniva triturata a modo dell’altra utilizzata per gli insaccati ed accantonata senza aggiunta di alcun ingrediente. A questo punto il lavoro del norcino era terminato e se ne ritornava a casa con tutti i suoi attrezzi.

Continua con Lo strutto, i fegatelli e i capocolli

Vasco Della Giovampaola 

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L’allevamento dei maiali nei poderi della Valdichiana 
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