Ho letto la favola di Sybilla, una bottiglia di aranciata parlante nata in una fabbrica di plastica e finita in mare, che sogna di rinascere. Una storia dolce, dove gli oggetti parlano con gli animali e gli animali con gli uomini. Scritta per i bambini, perché capiscano i danni che può fare la plastica dispersa nell’ambiente, ma anche per gli adulti, per i quali questa storia dovrebbe essere già nota. Purtroppo, nonostante le tante immagini diffuse, che mostrano le isole di plastica in mezzo all’oceano, le montagne di rifiuti accumulati, gli uccelli e i pesci con gli stomaci pieni di frammenti di materiali plastici, la lotta per contenere questa marea soffocante è appena cominciata.
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L’odissea di una bottiglia di plastica
“Sybilla, l’odissea di una bottiglia di plastica” è il titolo del libro per bambini scritto da Marco Mastronilli, ornitologo esperto di rapaci notturni, in special modo di gufi, e pubblicato dalla noctua book. La favola comincia davanti al portone di una fabbrica di bottiglie di plastica, dove sta per essere soffiata Sybilla, l’eroina della favola. Questa speciale bottiglia, dotata di grande sensibilità verso gli altri, animati o inanimati che siano, si trova ad affrontare una serie di avventure degne di un film di azione, che, a pensarci bene, sono molto simili a quelle che accadono a tante bottiglie, e innumerevoli altri oggetti, nella vita reale. Dopo essere stata riempita di buon succo e acquistata da un famiglia, finisce per sbaglio in acqua. Un fiume, tra rapide e bonacce, la trasporta fino al mare, dove incontra tanti altri oggetti galleggianti come lei e inizia un dialogo con le creature del mare, che le spiegano quanto sia pericolosa per loro la presenza della plastica in mare. Nel suo viaggio apprende che per non essere più dannosa può essere trasformata in qualcos’altro, tornando ad essere utile.
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La copertina del libro di Marco Mastronilli
Perché dovremmo rinunciare alla plastica
Alla fine Sybilla riesce a realizzare il suo sogno, quello di essere riciclata. Per i milioni di tonnellate di plastica, che ogni anno finiscono in mare, il riciclo è senz’altro una prospettiva migliore. Ma l’unico modo per affrontare seriamente il problema, un problema grande quanto l’oceano, è ridurre in modo drastico la quantità di plastica prodotta nel mondo. Questo significa rivedere tantissime delle nostra abitudini. Uno sforzo troppo grande? Eppure la plastica fa parte delle nostre vite da pochi decenni, prima di allora gli uomini hanno vissuto e conquistato il pianeta senza bisogno di questa materia. Io credo che non sarebbe un sacrificio tanto grande imparare a farne a meno. Sarebbe d’obbligo, vista la situazione, ma se tutto quello che abbiamo visto ancora non basta, cosa possiamo fare per cambiare prima che sia troppo tardi? Intanto ricordare che, tra qualche anno, è previsto che in mare ci sia più plastica che pesci e che più della metà delle balene del mondo hanno già inghiottito plastica, lo hanno fatto anche il 60 % dei delfini e il 94% delle tartarughe. Servono regole e provvedimenti drastici, ma prima di tutto serve una scelta: non acquistare più oggetti di plastica, soprattutto se si tratta di oggetti usa e getta. Inoltre si può contribuire raccogliendo la plastica sotto casa, in un parco, lungo le costa o sugli argini di un fiume. Siamo tanti da mettere a rischio la capacità del pianeta di sostenerci, ma siamo anche abbastanza per far sì che la somma dell’impegno di ognuno possa dare grandissimi risultati.
Plastica nei mari, cosa fare (video)

Una parte dei soldi ricavati dalla distribuzione del libro sarà devoluta al Centro Recupero e Riabilitazione Tartarughe Marine (CRTM) “Luigi Cagnolaro” di Pescara.
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